L’ Industria 4.0 NON è una scelta!

Concedetemi una breve introduzione: con il termine Industria 4.0 viene comunemente identificata la trasformazione tecnologica che sta investendo tutti i domini dell’economia: la produzione, il consumo, i trasporti e le comunicazioni. Tale trasformazione è guidata dall’intreccio di digitalizzazione (l’introduzione di dispositivi e processi capaci di trasmettere ed elaborare enormi quantità di dati con una velocità fino ad ora impensabile) ed automazione (la disponibilità di macchine capaci di svolgere mansioni, a medio-alta complessità, sin qui appannaggio dei soli esseri umani).
La transizione verso l’Industria 4.0 si caratterizza per una duplice natura. Da un lato, grandi opportunità associate alla creazione di nuova ricchezza e maggior benessere, attraverso i guadagni di produttività; al soddisfacimento di nuovi bisogni, mediante l’introduzione di nuovi prodotti; ed alla maggiore efficienza dei processi produttivi, grazie all’implementazione delle innovazioni di processo. Dall’altro lato, come già Joseph Schumpeter suggeriva, ogni “salto tecnologico” costituisce una sfida alla sostenibilità sociale del sistema economico. In particolare, il potere di mercato di cui godono gli agenti economici che per primi beneficiano delle nuove tecnologie e la distruzione di posti di lavoro associata all’introduzione dei nuovi processi, così come i cambiamenti qualitativi che le prestazioni lavorative possono subire, costituiscono forze di potenziale destabilizzazione del sistema legate all’avvento dell’Industria 4.0.
Le principali preoccupazioni rimandano agli effetti negativi che digitalizzazione ed automazione possono avere sulla quantità e la qualità dell’occupazione. Un’efficace descrizione della natura delle sfide di fronte a cui il lavoro contemporaneo si trova esposto è fornita dagli economisti Erik Brynjolfsson and Andrew McAfee:
…la rapida e crescente digitalizzazione rischia di produrre una profonda destabilizzazione delle economie e ciò dipenderà dal fatto che, con l’aumentare della potenza dei computer, le imprese avranno sempre meno bisogno di vaste categorie di lavoratori. Le trasformazioni tecnologiche in atto rischiano di lasciare indietro un grande numero di persone. Come mettiamo in luce, non vi è mai stato un tempo migliore per essere lavoratori dotati di competenze elevate ed adeguate ai mutamenti in atto, poiché questi lavoratori potranno sfruttare le opportunità insite nelle nuove tecnologie. Tuttavia, non vi è mai stato un tempo peggiore per chi è dotato di competenze tradizionali poiché computer, robot ed altre tecnologie digitali stanno acquisendo queste competenze con una rapidità straordinaria…
Alcuni studiosi, tra cui David Autor, suggeriscono, tuttavia, di ridimensionare le preoccupazioni e di guardare ai cambiamenti tecnologici in atto con ottimismo. Quel che viene sottovalutato è, a giudizio di Autor, la capacità compensativa di cui le innovazioni tecnologiche sarebbero dotate: a fronte di qualcosa che viene distrutto – un posto di lavoro o, in alcuni casi, un intero settore industriale – vi è qualcosa che viene creato: maggiore ricchezza a parità di fattori produttivi, dunque maggiore domanda e occupazione, o nuove attività che hanno necessità di nuove competenze.
SEI PRONTO PER QUESTO CAMBIAMENTO ?

Il perimetro dell’ Industria 4.0
Da un punto di vista tecnico, la trasformazione tecnologica identificabile con il nome Industria 4.0 può essere definita come la combinazione di una serie di tecnologie direttamente applicabili ai processi economico-produttivi a cui sottendono altrettante tecnologie di base. Tra queste tecnologie, il ruolo più rilevante è ricoperto da:
• “Big Data”, cioè la disponibilità di supporti materiali ed immateriali che consentono di immagazzinare, elaborare e trasmettere enormi quantità di dati che hanno come tecnologia di base l’immagazzinamento (storage) dei dati su Ram e non più su disco;
• “Industrial Internet of Things”, noto anche come web 4.0, ovvero oggetti che comunicano in tempo reale con altri oggetti aggiornando le rispettive routine operative, che poggia su tecnologie di base quali i network di sensori e i trasmettitori di radiofrequenze;
• “Cloud Manufacturing”, cioè la trasformazione del processo produttivo manifatturiero in una rete di risorse perennemente comunicanti e flessibilmente adattabili al mutamento delle condizioni di contesto;
• “Advanced Automation”, cioè lo sviluppo di robot dotati di capacità ergonomiche, di apprendimento e problem solving sinora impensabili e fondate su tecnologie di base quali la robotica ed il machine learning;
• “Additive Manufacturing”, cioè l’uso industriale della tecnologia della stampa in 3D;
• “Wearables e Interfacce Vocali”, ovvero l’insieme di dispositivi che “aumentano” le capacità umane come il riconoscimento vocale o la realtà aumentata.
L’introduzione delle tecnologie di Industria 4.0 sta producendo e produrrà effetti sia nell’industria in senso stretto che nei servizi. Tali effetti sono significativamente eterogenei tra loro e comportano sfide ed opportunità altrettanto eterogenee. L’elemento di novità più profondo, tuttavia, riguarda l’”abbattimento di barriere” che Industria 4.0 porta con sé. Il perimetro dei processi produttivi tenderà ad allargarsi rendendo sempre più rarefatta la distinzione tra impresa madre e fornitori, tra manifattura e servizi ancillari, tra espletamento di operazioni codificate e programmate nel tempo e fornitura di servizi spot e on-demand, tra mansioni svolte da lavoratori contrattualizzati e riconoscibili entro uno specifico contesto produttivo e self-contractors che si relazionano con molteplici organizzazioni allo stesso tempo. Si tratta, cioè, di una espansione senza precedenti del concetto di flessibilità le cui implicazioni sull’organizzazione economica e sociale e, in particolare, sulle condizioni di lavoro non è ancora possibile prevedere completamente.
…ritengo che l’interazione tra uomini e macchine consentirà ai computer di sostituire gli umani nelle mansioni più routinarie e codificabili ma, allo stesso tempo, aumenterà il vantaggio competitivo degli umani circa le mansioni a più alto tasso di adattabilità e creatività…in molti casi le macchine sostituiscono e sono complementari all’umano allo stesso tempo. Concentrarsi solo sugli effetti negativi non consente di cogliere un meccanismo economico fondamentale determinato dall’automazione: aumentare il valore delle mansioni svolte esclusivamente dagli uomini…

Il ruolo delle competenze
Le competenze costituiscono un elemento decisivo nella relazione tra cambiamento tecnologico e occupazione. La disponibilità di una forza lavoro dotata di competenze adeguate consente alle organizzazioni di adottare le nuove tecnologie e di sfruttarne il potenziale produttivo. Tali competenze possono essere preesistenti l’introduzione delle nuove tecnologie, costituire l’evoluzione di conoscenze già esistenti o essere completamente nuove.
Nel Policy Brief “Skills for A Digital World”, l’OCSE delinea le caratteristiche delle competenze necessarie affinché la digitalizzazione si dispieghi in modo economicamente benefico e, al contempo, socialmente sostenibile. In primis, viene enfatizzato il ruolo fondamentale di un’istruzione di base di qualità. La capacità di utilizzare in modo adeguato ed efficiente le nuove tecnologie digitali richiede una solida dotazione di competenze di base quali literacy, numeracy e problem solving. In secondo luogo,
l’OCSE enfatizza l’importanza delle soft skill intese come quel set di competenze informali – i.e. capacità relazionali e di team building, adattamento a contesti complessi e mutevoli – decisive per operare in modo efficace in contesti ove le informazioni e le decisioni fluiscono in modo scarsamente formalizzato ed orizzontale. In terzo luogo, un’attenzione particolare è posta al legame tra l’accumulazione di competenze connesse all’uso delle nuove tecnologie e l’inclusione nel mercato del lavoro di componenti
fragili o sottorappresentate quali le donne e i lavoratori anziani. In questo senso, la diffusione di tecnologie capaci di rendere la mansione lavorativa espletabile in maniera spazialmente e temporalmente più flessibile può favorire l’occupabilità di suddette componenti.
Un ruolo rilevante, inoltre, è ricoperto dalle competenze del management delle imprese. In una fase di transizione tecnologica come quella attuale, le scelte manageriali circa modi e tempi di adeguamento del processo produttivo possono influenzare in modo determinante l’impatto di tale adeguamento sulle performance così come sulla qualità e la quantità dell’occupazione. In questo senso, il livello di competenza del management – i.e. competenza che in questo caso intreccia la cognizione delle opportunità e delle sfide legate al cambiamento tecnologico e del legame tra queste, la dinamica economica e le condizioni di lavoro – è cruciale per spiegare diffusione, magnitudo e direzione del cambiamento tecnologico nelle imprese. Non meno rilevanti, infine, sono le competenze disponibili nel tessuto che alimenta la generazione delle conoscenze scientifiche – i.e. università e enti di ricerca – e che sottendono alle tecnologie di base o che consentono di modificare le tecnologie già applicabili. Allo stesso modo, l’esistenza di un sistema formativo capace di trasferire competenze in linea con ciò che la frontiera tecnologica richiede è essenziale sia per alimentare la ricerca di base; che per dotare la forza lavoro di conoscenze adatte ad accompagnare la trasformazione dei processi produttivi.
La struttura delle competenze e la capacità di quest’ultime di adattarsi dinamicamente al cambiamento tecnologico sono due elementi essenziali per spiegare la capacità compensativa delle economie a fronte di effetti occupazionali negativi.
ECOSISTEMI COMPLESSI RICHIEDONO COMPETENZE ETEROGENEE E PARTNERSHIP SOLIDE
fonte: Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche